Coronavirus: ecco il meccanismo che lo aggrava!

Uno studio del policlinico di Milano apre una nuova via sulle terapie

MILANO – Settimana fa si parlava di ‘tempesta citochinica’, l’infiammazione che sarebbe responsabile del danno a livello polmonare e di altri organi. Oggi un team di scienziati italiani sposta ora l’attenzione su una ‘cascata’. 

Uno studio pubblicato sul ‘Journal of Allergy & Clinical Immunology’ e condotto dagli Irccs Policlinico di Milano e Istituto Auxologico Italiano apre una nuova via “dimostrando per la prima volta come in corso di Covid-19 grave sia attivata proprio questa cascata del complemento”. +++

Segni di questa attivazione sono stati rilevati su un gruppo di pazienti analizzati dai ricercatori nell’ambito del loro lavoro. Il complemento, spiega Pier Luigi Meroni, direttore del Laboratorio sperimentale di ricerche di immunologia clinica e reumatologia dell’Auxologico di Milano, “è costituito da una serie di proteine che si attivano a cascata.

Lo studio, aggiunge Massimo Cugno, dell’Unità operativa di medicina generale – emostasi e trombosi del Policlinico di Milano, Centro Angelo Bianchi Bonomi, università degli Studi del capoluogo lombardo, “ha dimostrato che i 31 pazienti con Covid-19 e insufficienza respiratoria” presi in considerazione “avevano segni di attivazione della cascata del complemento evidenziati utilizzando test molto sensibili che solitamente si usano nel monitoraggio e nella cura di malattie rare legate al complemento. La presenza di prodotti di attivazione del complemento in questi pazienti si è dimostrata associata al grado di gravità della malattia”.

L’infezione si presenta infatti con un quadro clinico che varia da una forma con sintomi minimi come tosse e febbricola, a forme gravi con insufficienza respiratoria che sino al 15% dei casi possono essere pericolose per la vita. Una strategia è stata quella di contrastare la ‘tempesta citochinica’, usando farmaci che bloccano i mediatori dell’infiammazione, cioè le citochine, prendendo ‘in prestito’ preparati farmacologici dalla terapia di malattie infiammatorie come l’artrite reumatoide. I risultati, seppure promettenti, sono in attesa dell’esito di studi clinici in grado di validarne formalmente l’efficacia. Ora si apre una nuova strada da esplorare.