Emergono i dettagli della vasta operazione antidroga fra Legnano, Busto Garolfo, Villa Cortese e Turbigo

Molti imprenditori del centro di Legnano coinvolti
LEGNANO – Nuovi dettagli dell’operazione BOXES condotta dai Carabinieri della Compagnia di Legnano, comandati dal Maggiore Alfonso Falcucci, conclusasi nelle prime ore del 7 maggio con l’esecuzione di 15 ordinanze di custodia cautelare emesse dal G.I.P. del Tribunale di Busto Arsizio.
I Carabinieri sono riusciti a dimostrare l’esistenza di un traffico di stupefacenti che, importata la cocaina dall’estero, la vedeva partire da Novara per essere consegnata a Turbigo (MI) e da Turbigo fornita ai trafficanti legnanesi i quali, con una fitta rete di contatti sul territorio ma anche nelle province di Mantova, Reggio Emilia e Varese, si occupavano di approvvigionare molte aree di spaccio del territorio del Nord Italia.
A Varese le consegne avvenivano in particolare in favore di uno spacciatore di Sesto Calende. Le consegne, con cadenza quindicinale, venivano effettuato da uno dei bracci operativi della compagine criminale legnanese capeggiata da C.O. detto “Kojak”.
Se ne occupava R.S., il 68enne Legnanese detto il “Padrino” che il giorno precedente preparava la macchina, una delle citycar nere (si è scoperto che i delinquenti utilizzavano piccole autovetture praticamente uguali tra loro, due Peugeot 107 ed una Citroen C1, intestate agli stessi componenti del gruppo, nessuna a Kojak, tutte nere e tutte munite di imbosco per la droga), “farcendola” della droga poi andandola a parcheggiare in uno dei Box di Villa Cortese che erano a sua disposizione, uno in Via Lussemburgo ed uno in Via Caboto.
Al mattino successivo partiva e si recava nel centro varesino dove incontrava il suo cliente in un bar in riva al lago. I due, dopo aver consumato un caffè, si spostavano all’autovettura effettuando lo scambio. Il denaro veniva recuperato la settimana successiva con le medesime modalità ma in un’area diversa del lungolago.
Sempre il Padrino era incaricato da Kojak di effettuare le consegne a Poggio Rusco (MN). Numerosi sono stati i viaggi monitorati dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Legnano con la stretta ed efficace collaborazione di quelli di Gonzaga (MN) e del Comando Stazione di Poggio Rusco (MN). In tutte le circostanze si è riusciti a monitorare l’incontro tra Padrino e il cliente, E.S. un 39enne di nazionalità marocchina, arrestato, lo scorso giovedì nel corso dell’operazione, proprio a Poggio Rusco (MN).
Qualche SMS scambiato tra i due, nessuno con riferimento alla droga ma soltanto qualche indicazione sul tempo necessario all’arrivo. Ma i Carabinieri territoriali del luogo, che avevano effettuato una massiccia attività informativa, si erano attrezzati prendendo in uso un appartamento che affacciava sulla piazza dove sarebbe potuto avvenire
l’incontro, riuscendo a fotografare l’evento, e ad organizzare un efficace servizio di Osservazione, negli incontri successivi bloccando l’acquirente. In quella circostanza qualcosa tra fornitore e cliente era andato storto e la droga non era stata consegnata. Padrino effettuava una lunga corsa, essendosi accorto del fatto che il marocchino era stato fermato, raggiungendo Verona.
I Carabinieri di Legnano lo seguivano fino alla città veneta dove questi, lasciata la Peugeot 107 nera, in particolare era quella intestata all’altro componente del gruppo, M.S., il 47enne Legnanese detto il “Mongolese”, parcheggiandola in un ampio parcheggio pubblico, in mezzo a decine di altre auto.
L’uomo poi si allontanava a piedi, raggiungendo il centro della città. In suo soccorso partiva Kojak con l’autovettura
che utilizzava normalmente, una Toyota C-HR, che aveva intestato ad un parente, che da Legnano correva fino a Verona, anche lui seguito dai Carabinieri che riuscivano a documentare l’incontro ed il ritorno a Legnano dei due.
Il giorno successivo, Kojak ed il Padrino si recavano nuovamente a Verona, a recuperare la cocaina dall’autovettura con un’altra Peugeot 107 nera. L’auto di Mongolese veniva lasciata a Verona, venendo recuperata solo il giorno ancora successivo. I malviventi poi hanno venduto quella Peugeot 107, dopo averla lasciata per più di 10 giorni in un parcheggio pubblico in Via Monte Nevoso a Legnano, ipotizzando che potesse essere stata notata dai Carabinieri di Poggio
Rusco (MN).
La mattina degli arresti dell’Operazione BOXES, i Carabinieri di Gonzaga, nell’eseguire l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del marocchino di Poggio Rusco, hanno rinvenuto durante la perquisizione circa 150 grammi di cocaina e 17’000 €uro, sequestrati, arrestandolo altresì per la detenzione ai fini di spaccio di questa ulteriore quantità di sostanza. L’uomo è stato tradotto al carcere di Bologna.
Un altro dei viaggi effettuati dal Padrino, su disposizione di Kojak è a Reggio Emilia. Le informazioni acquisite dai Carabinieri nel corso dell’indagini sono state poi condivise con la Squadra Mobile Reggiana che, nell’aprile del 2019 aveva proceduto all’arresto di due italiani ed un Marocchino, titolare di un’officina meccanica nella quale sono stati rinvenuti otre 200 kg di hascisc e 4 chilogrammi di cocaina.
La famiglia di Kojak è titolare di un negozio di abbigliamento in centro a Legnano. Non sono state documentate attività di cessione all’interno dello stesso dove lavorava anche la moglie L.N. 29enne albanese, anch’essa arrestata lo scorso 7 maggio, e per questo detta “Commessa”.
Di certo era un luogo di incontro frequente tra il Padrino e il suo capo, che anche lì portava e prelevava i pacchi sospetti prima di recarsi poi nei vari luoghi a disposizione della banda.
Uno dei primi clienti del gruppo criminale legnanese identificati è stato O.P. 46enne di Gorla Maggiore (VA), detto “Professore”. Questo nomignolo è stato “conquistato” proprio nelle fasi dell’arresto operato dai Carabinieri nell’ottobre del 2018. Egli è stato notato e registrato mentre riceveva da Padrino, in Via Bertarelli di Villa Cortese (MI), un pacco ritenuto dai Carabinieri essere droga.
Il fornitore era con la Peugeot 107 nera, il Professore con una Volksvagen Up. Ritirato il pacco e fatta allontanare la Peugeot, i militari del Nucleo Operativo e Radiomobile pedinavano la piccola auto tedesca fino a Legnano dove, fatti convergere i Carabinieri della Stazione di Rescaldina (MI), facevano bloccare l’auto da questi sul Viale Sabotino.
Una prima perquisizione dava esito negativo. Portata l’auto ed il conducente nella Caserma di Via Guerciotti, il Professore iniziava il suo show. Gelido e a tratti stucchevole riferiva il suo racconto fantasioso partendo dal fatto che l’auto non fosse sua. Effettivamente la Volksvagen Up era intestata ad un prestanome che, quando è stato sentito dai Carabinieri, ha dichiarato di aver acconsentito per 500 € ad intestarsi l’auto e che incontrava il Professore periodicamente per dargli le multe che gli arrivavano a casa in grande quantità e che il delinquente pagava regolarmente.
Il fermato quindi riferiva di aver incontrato una persona nel suo paese, Gorla Maggiore, e che questi, che lui non conosceva, gli aveva chiesto la cortesia di portare l’auto da un carrozziere di Legnano e di lasciarla lì. In cambio 50 €uro. Allora i Carabinieri gli chiedevano di mostrare i 50 €uro, e in tasca ne aveva 30, di indicare quale fosse il carrozziere dove stava andando, e il Professore, sempre in maniera flemmatica, iniziava a dire dei nomi che non trovavano alcun riscontro.
“Guardate ho impostato anche il navigatore” diceva al Maresciallo di Rescaldina che era incaricato di “presentarsi” come il titolare dell’operazione di Polizia. I Carabinieri, preso il navigatore, non trovavano alcun indirizzo di Legnano impostato ma una serie di località e indirizzi della Liguria, dell’Emilia Romagna che poi venivano comunicati ai colleghi territorialmente competenti che iniziavano autonome attività di indagine. Aperto il vano portabagagli si notava una strana situazione. Lo spazio della ruota di scorta era inaccessibile. A chiuderlo una larga piastra in acciaio che sembrava inamovibile. A specifica domanda dei Carabinieri, il Professore riferiva, quasi infastidito, che non comprendeva il perché queste domande fossero poste a lui che aveva l’auto da circa mezz’ora invece di cercare il proprietario seguendo le sue esaustive
Non potendo disvelare l’attività investigativa in corso i militari, che riferivano di aver avuto una “soffiata” che diceva che proprio lui era un trafficante di droga, suscitando l’ilarità mai nervosa dell’uomo, chiedevano l’intervento delle unità cinofile antidroga. I Carabinieri del Nucleo Cinofili di Casatenovo (BG) si portavano sul posto. Il cane pastore “Denver” appena avvicinato alla vettura dal conduttore iniziava a morsicare il paraurti posteriore. Aperto il portellone il cane saltava all’interno e iniziava a raschiare fortemente la moquette con cui era stata coperta la lastra di acciaio.
A questo punto i Carabinieri comunicavano al Professore che non potevano fare altro che aprire quel vano viste le chiare indicazioni date dall’unità cinofila. Sempre con aria serena l’uomo “fate pure”. Smontati i sedili posteriori si intercettava un cavo bicolore posticcio che, messo in corto con una batteria da auto, faceva scattare un meccanismo ne portabagagli che sbloccava la lastra. All’interno un sacchetto, lo stesso notato dai Carabinieri in appiattamento quando il Padrino lo aveva ceduto al cliente, al cui interno c’era un blocco di cocaina purissima di oltre un chilogrammo. In un sacchetto multicolore, sempre presente nel vano, 12 mazzette di denaro, sigillate con cellophane, ognuna contenente 5’000 €uro. A questo punto, flemmatico o no, il Professore veniva ammanettato e portato al Carcere di Busto Arsizio.
L’arresto di questi che era uno dei personaggi più attivi nell’attività di indagine è stato effettuato allorquando si era compreso il modus operandi del gruppo criminale legnanese e si era riusciti ad identificare chi fosse il loro fornitore, J.A. italiano 38enne, detto il “Mulo” per essersi fatto realizzare da un suo conoscente un poster che riprendeva la locandina del film “The Mule” di Clint Eastwood.
Nel corso delle indagini si era appreso che il Padrino era un tipo abbastanza solitario e che, nei suoi viaggi, era solito parlare da solo, molto. Una persona sentita dagli operanti aveva riferito di averlo sentito, in uno di questi momenti di quasi delirio, mentre, fermo da solo in auto a pochi metri da lui che lo sentiva, aveva addirittura simulato il controllo dei Carabinieri. “Caro S. – collega guarda chi abbiamo qui, il caro S. – come va? Eh si fate presto che devo andare, avrebbe risposto lui. Ah si certo. Collega guarda che bell’orologio che ha il nostro amico, un Rolex, ma che bell’orologio. Va beh ho capito ma è frutto del mio sacrificio, guardate che io lavoro tanto, faccio tanti viaggi.” e rideva. All’ennesimo scambio fatto con il fornitore a Villa Cortese nella Via D’Azeglio, i Carabinieri si appostavano nei pressi del Box di Via Lussemburgo, da dove il Padrino aveva poco prima ritirato la Citroen C1 nera, quella intestata alla moglie di Kojak. Fermo davanti al cancello elettrico che si stava aprendo per poter accedere alla zona del boxes, i Carabinieri della Sezione Operativa del Nucleo Operativo di Legnano sopraggiungevano con un’autovettura “civetta” chiudendo la possibile via di fuga.
Il capopattuglia scendeva avvicinandosi velocemente alla Citroen e ricordando l’aneddoto salutavano il Padrino “Caro S. – collega guarda chi abbiamo qui, il caro S.”. Eseguita la perquisizione, nell’auto non si trovava nulla, nel box però una pistola clandestina a cui era stata limata la matricola. Portato in Caserma a Legnano, un Carabiniere continuava la perquisizione all’auto, chiedendo più volte se all’interno vi fosse qualcosa di illecito ed avendo sempre risposta negativa.
Una volta sganciato l’autoradio che dava accesso al vano nascosto dove si trovava la cocaina, l’uomo cambiava espressione e diventava paonazzo. Il carabiniere a questo punto domandava cosa fossero i tre blocchi che si trovavano nell’imbosco e lui rispondeva che era cocaina e che era per uso personale. Tre chilogrammi di cocaina purissima, un uso personale di una decina di anni. Allora il comandante del Nucleo dava indicazione ai colleghi di apporre le manette al Padrino: “ragazzi fate attenzione, mi pare che il signore abbia al polso un orologio pregiato, complimenti proprio un bell’orologio” e l’uomo sconsolato “sa ho lavorato tanto, io viaggio molto”; “immagino, visto quello che abbiamo trovato!” ha replicato il Carabiniere. Anche lui arrestato e portato al carcere di Busto Arsizio.
Una delle clienti con cui Padrino aveva più contatti era S.C. 34enne di Busto Garolfo (MI). La donna, arrestata dai Carabinieri durante l’operazione del 7 maggio in un’abitazione di Busto Arsizio dove si era recentemente trasferita, era una cliente irregolare, poco precisa e che per tale ragione aveva contatti frequenti con il fornitore.
Le indagini hanno consentito di accertare che ad ogni fornitura, di 50 – 100 grammi di cocaina per volta – lei inventasse una scusa per dare sempre dei soldi in meno a Padrino che, sebbene in difficoltà, si lasciava ammansire dalla spacciatrice. In una delle cessioni la donna, pur di ottenere un pagamento per la droga inferiore rispetto a quello previsto, è riuscita a rifilare al fornitore una delle scuse più usate dagli studenti delle medie: “E’ morta mia nonna” arricchendola ed adeguandola all’età con “ho dovuto pagare io i funerali”.
R.T. 31enne Legnanese, detto “Pizzetta”, poiché lavora come pizzaiolo nel ristorante di famiglia in centro a Legnano, era uno degli spacciatori più attivi tra i clienti del gruppo di Kojak. Pizzetta spacciava giornalmente decine di dosi di cocaina tra Legnano, San Giorgio, Canegrate e comuni limitrofi. Prima di procedere al suo arresto nel gennaio del 2019, quando è stato trovato in possesso di circa 400 grammi di stupefacente e della somma contante di oltre di 4’000 €uro, è stato monitorato dai Carabinieri del NOR di Legnano che hanno effettuato diversi “pescaggi” dei suoi clienti subito dopo le cessioni delle dosi.
Particolarissima è stato il recupero di una dose di cocaina avvenuta in centro a Legnano. I Carabinieri erano riusciti a identificare una cliente abituale di Pizzetta. I due avevano escogitato un modo particolarissimo per lo scambio droga-denaro, dettato proprio dallo spacciatore. Lei, addetta alle vendite in un negozio legnanese, lo contattava chiedendogli una o più dosi e dando allo stesso indicazione di dove avesse parcheggiato la propria autovettura, una utilitaria Mercedes, che lei lasciava aperta, come indicatole da Pizzetta. Lo spacciatore passava e trovava in un pacchetto di sigarette vuoto gettato sotto il sedile lato guida il denaro per la droga e lasciava nel portaoggetti centrale la/le dosi di cocaine di cui la donna faceva uso. Un servizio di appiattamento prolungato in cui veniva tenuta a vista la Mercedes consentiva di intercettare una di queste operazioni di ritiro del denaro e consegna dello stupefacente. Dopo che Pizzetta era passato, i Carabinieri si avvicinavano al veicolo, ancora aperto, recuperando e sequestrando la dose di cocaina. Ne nasceva una discussione accesa tra spacciatore e cliente che i Carabinieri documentavano per poi organizzare il servizio che consentiva di arrestare lo spacciatore mentre si muoveva con la sua Fiat 500 bianca.