La psicologa: un altro lockdown avrebbe gravissime conseguenze sulla salute mentale!

Impatterebbe in maniera violenta e assoluta sul benessere fisico, psichico ed emotivo delle famiglie e dei singoli individui

BUSTO ARSIZIO – Le dichiarazioni del Presidente Conte rispetto alla possibilità di un lock-down generalizzato in tutta Italia proprio nel periodo delle festività natalizie hanno causato un dibattito acceso e accalorato non solo tra i cittadini, ma anche all’interno degli ambienti scientifici e politici.

Il pensiero di molti è corso immediatamente al giorno di Natale, passato in solitudine, ciascuna famiglia isolata nella propria abitazione, senza la gioia di vedere i propri cari, evocando così il ricordo di una Pasqua triste e penosa, come quella appena passata.

Dal mio punto di vista si tratterebbe di una decisione che va contro qualsiasi logica di utilità e di buon senso. Nel mio articolo precedente ho passato in rassegna una serie di dati e di interventi tesi a dimostrare come la cosiddetta pandemia e il conseguente lock-down imposto dal Governo abbiano avuto gravi ripercussioni su numerosi settori della vita umana, tra cui i più importanti e immediatamente percepiti dalla popolazione sono stati il settore economico e quello della salute mentale.

Posto che i severi provvedimenti emanati siano davvero stati di una qualche utilità nel contenimento del contagio e abbiano effettivamente contribuito con indubbia decisione ad alleggerire il numero delle degenze nei reparti ospedalieri (la qual cosa è impossibile a dimostrarsi scientificamente, ma si potrebbero fare inferenze basate sui dati di altri Paesi che il lock-down l’hanno ricusato con decisione), bisognerebbe chiedersi subito dopo quali siano state le conseguenze in termini economici, sociali, umani e sulla salute dei cittadini. Siamo sicuri che i benefici di queste pratiche restrittive siano stati superiori ai danni che hanno causato?

Il primo ad essere colpito è stato il tessuto sociale contemporaneo, già fortemente provato dall’emergere di tematiche individualiste e dallo sfilacciamento e dalla frammentarietà delle sue colonne portanti quali le istituzioni della famiglia, della scuola e, infine, qui in Italia, della Chiesa.
Il lock-down ha isolato le persone, accrescendo l’isolamento sociale e la conseguente depressione psichica; ha spezzato i legami familiari più fragili e ha contribuito all’aumento di separazioni e divorzi.

Chi era solo è diventato ancora più solo. Chi, al contrario, era abituato a vivere una vita sociale intensa, ha conosciuto la tristezza della solitudine e ne è rimasto segnato.
Senza contare poi lo stuolo di pazienti che vivono nelle strutture sanitarie, come comunità psichiatriche, cliniche e case di riposo: tutte queste persone, da marzo 2020, non sono ad oggi ancora riuscite a tornare ad una vita dignitosa, così come invece è stato possibile per tutti gli altri cittadini italiani, a causa di decisioni politiche che hanno lasciato ai singoli Direttori sanitari e Dirigenti delle strutture le decisioni in merito a modalità e tempi per organizzare i contatti tra i loro ospiti e il mondo esterno.

In una tale cornice di riflessione, sarebbe mai possibile avvallare in qualsivoglia modo, la decisione di un lock-down natalizio?

Lasciando da parte il grande tema del collasso economico che una tal scelta implicherebbe, dal momento che è risaputo che il mese di dicembre e gli incassi legati agli acquisti natalizi rappresentano dal 20 al 30% del budget annuale di un’azienda; trascurando volutamente il fatto che una crisi economica impatterebbe in maniera violenta e assoluta sul benessere fisico, psichico ed emotivo delle famiglie e dei singoli individui; volendo in questa sede considerare i soli fattori psichici e sociali in termini assoluti – come se essi fossero slegati da qualsiasi altro fattore di rischio sociale – si potrebbe già rispondere con decisione e fermezza che la scelta di isolare i cittadini italiani in occasione delle feste del Natale avrebbe conseguenze assai gravi sulla salute mentale ed emotiva degli italiani.

Questo perché il Natale è la festa della Famiglia e già in condizioni normali durante il periodo delle festività di dicembre si registra un lieve incremento dei ricoveri in ospedale, degli accessi al pronto soccorso, dei TSO nei reparti di degenza psichiatrica, delle richieste di aiuto avanzate ai vari centri di aiuto e centralini telefonici istituiti a questo scopo.

Quale psicologa operante nel solo settore privato, nel corso di questo anno ho avuto modo di vedere crescere e diversificarsi la richiesta di aiuto da parte delle persone più deboli e sofferenti. La paura di ammalarsi, il lock-down e le restrizioni sono stati il più delle volte la goccia che ha fatto traboccare il vaso, la circostanza che ha aggravato la condizione di precario equilibrio delle persone.

In altri casi, anche persone che prima erano sempre state bene, hanno iniziato a soffrire per la prima volta di disturbi quali ansia, attacchi di panico e depressione e si sono rivolte a medici e specialisti del settore per iniziare una terapia farmacologica o psicologica.
Nel nord Europa le istituzioni ben conoscono l’effetto che l’individualismo e l’isolamento, pur in presenza di standard di vita più elevati rispetto ai nostri, hanno sul numero di suicidi o tentati suicidi che si registrano ogni anno.

Vi sono studi che individuano persino nelle condizioni metereologiche una delle cause di queste crisi depressive così profonde.
A mio parere, la privazione della libertà, la coercizione, l’aumento dei controlli, il dispiegamento delle forze militari e della polizia, hanno il solo effetto di far nascere nelle persone un profondo senso di frustrazione, rabbia e disarmonia sociale e vanno così nella direzione esattamente contraria rispetto a quella auspicata che intende insegnare la comprensione e l’empatia verso le categorie più fragili.

Senza libertà e rispetto, non possono esserci collaborazione ed empatia: occorrerebbe pertanto studiare misure di intervento che tengano conto dei principi dell’educazione, che non sono poi tanto diversi nell’adulto rispetto al bambino: amare, tollerare, educare non punire, e il lock-down non mi sembra tra queste.

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Dott.ssa MARIA RITA SCARCELLA – Psicologa Analista Junghiana
Fondatrice e Responsabile del Centro L’Equilibrio