Speciale Medicina – Come la paura del contagio porta a trascurare le altre patologie

Il pronto soccorso è diventato agli occhi di molti cittadini come il luogo simbolo da evitare per non contrarre il virus. Ciò ha comportato che molte patologie venissero trascurate.

LEGNANO – Nuova puntata della rubrica, curata dal Dott. Dario Zava, medico che cura per il nostro gionale articoli scientifici di attualità su vari aspetti della medicina.

Oggi parliamo dei gravi problemi per la salute pubblica legati indirettamente alla pandemia, ossia della paura che indice molti pazienti a non sottoporsi ad esami ed interventi per non correre il rischio di essere contagiati.

Buona lettura.

 


 

LA PAURA DELLA PANDEMIA RIDUCE LA PROPENSIONE A CURARSI

“State a casa”, questo è il messaggio che è stato dato fin dai primi momenti in cui l’Italia è stata colpita dalla pandemia da Covid-19 . Stare a casa per non contagiare e non essere contagiati, anche in ospedale. Il pronto soccorso è diventato agli occhi di molti cittadini come il luogo simbolo da evitare per non contrarre il virus. Ciò ha giocoforza comportato che molte patologie venissero trascurate.

Al tempo stesso ogni giorno da ormai un anno attendiamo con trepidazione i dati su nuovi contagi e decessi legati al Covid-19 ma non pensiamo più a tutte le altre problematiche legate alla salute.

L’emergenza sanitaria che ha colpito il paese sta avendo un impatto significativo sul “sistema salute”. La complessità della pandemia e delle problematiche legate alla gestione delle persone contagiate ha messo a dura prova il sistema sanitario, con la saturazione degli ospedali e dei reparti di terapia intensiva, la necessità di ridefinire procedure e percorsi dedicati ai pazienti Covid-19 e la gestione domiciliare dei contagiati meno gravi.

Ma la pandemia ha provocato anche, forse è il caso di dire soprattutto, un minore accesso alle cure per altre malattie come quelle oncologiche, cardiologiche e respiratorie. Infatti, accanto alle problematiche legate alla gestione dei pazienti contagiati, il prolungato lockdown ha avuto effetti importanti sull’accesso alle visite e ai trattamenti dei pazienti non-Covid, con conseguenze significative sulla salute dei cittadini e sull’organizzazione del sistema sanitario (integrazione ospedale-territorio, gestione del paziente a distanza).

A distanza di 1 anno dall’insorgenza della pandemia possiamo cominciare a guardare alle cifre, recentemente sono stati pubblicati da IQVIA ( provider globale di dati, analisi, consulenza e tecnologie innovative in ambito farmaceutico) i numeri relativi alle attività riguardanti sia le visite specialistiche che le nuove diagnosi, i nuovi trattamenti e le richieste di esami specifici confrontando gli anni 2019 e 2020.

Lo studio si basa sull’analisi di dati real world rilevati su un campione di 900 medici di medicina generale e un panel di 450 onco-ematologi. Nei primi dieci mesi del 2020, IQVIA ha rilevato un calo significativo dell’accesso alle diagnosi e alle cure nelle principali aree terapeutiche rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Per quanto riguarda le principali patologie cardiometaboliche e respiratorie, nei primi dieci mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: sono state rilevate 2 milioni e 415 mila richieste di esami in meno sul 2019, pari ad un calo del 22%, un milione e mezzo in meno di visite specialistiche, pari ad un calo del 30%; 521.000 nuove diagnosi in meno, pari a un calo del 12% ed infine 277.000 inizi di nuovi trattamenti in meno corrispondenti ad un calo del dieci per cento (Figura 1).

Figura 1
Speciale Medicina gli effetti della paura della pandemia

Molti pazienti hanno deciso di non andare in ospedale per paura del contagio e ospedali e ambulatori hanno temporaneamente rimandato visite e interventi meno urgenti. Tutto questo ha impattato anche sul consumo di farmaci per terapie croniche e salvavita.

Se consideriamo poi, nello specifico, le malattie cardiovascolari, scopriamo che molto probabilmente 20 anni di prevenzione sono stati bruciati. Infatti, dati recenti pubblicati dalla Società Italiana di Cardiologia frutto di un’indagine che ha coinvolto 54 ospedali italiani, indicano che la paura del contagio ha fatto triplicare la mortalità per infarto, passata dal 4,1% al 13,7%.

Più precisamente, nel 2020 abbiamo assistito ad:
– una riduzione del 50% di ricoveri per infarto
– un aumento del 35% della mortalità per cause cardiovascolari a domicilio
– una mortalità in ospedale per infarto a causa di un ricovero tardivo triplicata. Il ritardo nel trattamento (dovuto alla scarsa propensione a rivolgersi per le cure all’ospedale) è spesso fatale perché il fattore tempo per curarlo è un fattore cruciale.
– un milione in meno tra visite cardiologiche, esami diagnostici, procedure interventistiche e interventi di cardiochirurgia. (Figura 2)

Figura 2
Speciale Medicina gli effetti della paura della pandemia

Se l’infarto è da annoverarsi tra gli eventi acuti che se non trattato comporta danni alla persona nell’immediato, lo stesso andamento è stato notato anche per le patologie croniche come ad esempio la fibrillazione atriale, lo scompenso cardiaco, l’ipertensione, il diabete, l’asma e la BPCO, tutte condizioni che nell’immediato possono non dare problemi, ma che possono procurare danni a distanza di mesi o anni se non trattati nei tempi corretti e che se invece trattate con continuità e nei tempi corretti permettono una gestione duratura della malattia.

Le tre tabelle seguenti riassumono alcuni dei dati appena commentati con le riduzioni percentuali calcolate nei periodi gennaio-ottobre 2020 in confronto a gennaio-ottobre 2019 per quello che riguarda le Nuove Diagnosi, i Nuovi Trattamenti e le Visite Specialistiche. Per tutte le patologie e per tutti i parametri considerati è sempre presente il segno meno ad indicare una riduzione degli interventi e delle cure (Figura 3)

Figura 3
Speciale Medicina gli effetti della paura della pandemia

Nulla sarà uguale dopo la pandemia. Quanto abbiamo appena commentato e presentato per quello che riguarda le patologie cardio metaboliche e respiratorie trova eguale riscontro nelle patologie oncologiche. Le diagnosi di tumore e le biopsie sono calate del 52% come anche le diagnosi di tumore al seno hanno subito una diminuzione a causa del forte calo nello screening durante il periodo della pandemia. Ci sono ritardi negli interventi chirurgici nel 64% dei casi.

Il futuro – senza adeguate misure – si prospetta ancora più drammatico. Un recente studio pubblicato dalla University College London ha infatti stimato che la percentuale dei decessi in Inghilterra nei prossimi 12 mesi potrebbe aumentare del 20%, arrivando a 18.000 morti causate dal rinvio delle cure da una parte e dal timore dei pazienti di andare in ospedale dall’altra.

Questi numeri sono anche l’effetto della grande paura dei malati oncologici a recarsi in ospedale per la preoccupazione del contagio – malgrado il superamento della prima fase di emergenza grazie alla recente costruzione di percorsi e strutture dedicati.

In particolare, nei primi dieci mesi, si rileva la diminuzione delle richieste di screening per tumore al seno (-7%), ai polmoni (-10%) e al colon (-10%). Inoltre si rileva la contrazione delle nuove diagnosi per tumore (-11%), degli inizi trattamento (-14%), degli interventi chirurgici (-17%) e dei ricoveri (-14%) (Figura 4).

Figura 4
Speciale Medicina gli effetti della paura della pandemia

Anche in questo caso, dopo l’iniziale interruzione durante il primo lockdown delle visite di screening e follow up dovuta alla chiusura di molti reparti e ambulatori, soprattutto nelle regioni più colpite, si è osservato un recupero parziale durante i mesi estivi che non ha tuttavia compensato la contrazione delle diagnosi e delle terapie. Successivamente – in concomitanza della seconda ondata pandemica – si è osservato un nuovo calo negli accessi.

Inoltre si evidenzia anche come nei reparti di oncologia in Italia si sia registrata una diminuzione del 57% delle visite: gli oncologi dichiarano che in media prima dell’insorgenza del Covid-19 visitavano circa 80 pazienti alla settimana, ma negli ultimi tempi la media è di circa 34. Non solo. Il 45% dei malati oncologici ha rimandato la chemioterapia. Questi ritardi avranno un forte impatto su queste patologie, non solo a causa dell’importanza della tempestività della diagnosi e della terapia, ma anche per l’arretrato difficilmente gestibile che subiranno gli ospedali nel prossimo futuro. Infatti, secondo il sondaggio, il 28% dei pazienti oncologici subirà un ritardo nella chemioterapia e nella chirurgia.

Un ultimo dato preoccupante riguarda la vendita di psicofarmaci, sempre IQVIA ha recentemente denunciato come in corrispondenza con la prima e seconda ondata della pandemia si sia registrata una crescita dei volumi di vendita di tali farmaci e un calo in corrispondenza dell’estate. Nel dettaglio a marzo 2020 si è registrato un aumento del 13% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente di prescrizione di psicofarmaci per ansia insonnia e depressione. Ad agosto le vendite sono calate del 2,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente in concomitanza con un netto miglioramento della pandemia, mentre a settembre e dicembre si sono registrati nuovi picchi di aumento, rispettivamente del 2,85 e del 4,8% (Figura 5).

Figura 5
Speciale Medicina gli effetti della paura della pandemia

L’analisi di IQVIA continuerà per tutto il 2021 e sarà importante capire se registreremo un’inversione di trend oppure no e soprattutto come reagirà il sistema sanitario a questo cambiamento drastico nei bisogni di salute della popolazione.

Dott. Dario Zava