L’Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro, fascino magico del Lago Maggiore, segno e memoria della fede

Un patrimonio unico e spettacolare, situato nel comune di Leggiuno, a metà strada tra Laveno e Angera
LEGGIUNO (VA) – Pochi altri laghi italiani sono carichi di storia, come il Lago Maggiore o Verbano. Parliamo del secondo lago italiano, per superfice, venendo dopo il lago di Garda, e si estende per 66 chilometri in lunghezza, e nel punto più ampio per 10 in larghezza. Situato a un livello di circa 195 s.l.m, ha una superfice di 212 chilometri quadrati, parte dei quali, circa 80% si trova in territorio italiano, tra il Piemonte e la Lombardia, mentre il rimanente 20% della superfice, si trova invece in territorio svizzero, nel Canton Ticino.
La profondità massima, secondo le più recenti determinazioni del nostro Istituto Geografico Militare, raggiunge 370-372 metri circa, nei pressi di Ghiffa, sulla sponda occidentale piemontese del Lago Maggiore.
Il Lago Maggiore (è un lago prealpino) con la sua forma allungata e irregolare, si incunea fra i monti, partendo da SestoCalende, (Sextum Calendarum), a sud del Varesotto, e giungendo fino a Locarno, in Svizzera, a nord, circondato da rilievi e colline, che lo riparano dai freddi venti nordici.
Il LagoMaggiore (Lagh Maggior, in dialetto lombardo) è stato un luogo particolarmente vitale e dinamico, e strategico, fin dalle epoche più remote. Detto Verbanus Lacus, dai Romani, assunse poi il nome di Maggiore, in quanto il più vasto tra quelli della cosiddetta regione dei Tre laghi.

Dopo la lunga e importante fase di insediamento dell’ epoca romana ed il millennio medievale, e il dominio della famiglia dei Borromeo, famiglia di lunga dinastia, fedelissimi ai Visconti, che anticamente finirono, con l’insignorirsi di quasi tutta la restante parte del lago, e che tennero fino al termine dell’età feudale, e che hanno lasciato testimonianze significative della loro signoria, sul Lago Maggiore, (non basterebbero interi volumi a raccontare i tanti uomini illustri della famiglia Borromeo) questo territorio, di grande importanza strategico militare, come estremo baluardo difensivo del territorio di Milano, fu anche un forte stimolo di aggregazione culturale: le vie d’acqua verbanesi erano infatti rotte di navigazione e un transito di scambi, crocevia di gente, mercanti, predicatori, e rifugio addirittura di gente d’oltralpe, (con borghi con numerose insenature adatte all’approdo per la gente e le merci) nei periodi storici più burrascosi, e di grandi tribolazioni.
A parte di questi accenni storici, il Verbano, come gli altri laghi subalpini immensi, ha la sua caratteristica di possedere due volti: uno di attrattive turistiche, quello di villeggiatura, costantemente di altissimo livello, spensierato, di tranquillità e dalla frescura vacanziera con venti allegri e frizzanti; l’altro quello di essere un luogo storico e letterario, di tradizioni e leggende, e ricco di antiche chiese e luoghi di culto di grande bellezza e profonda religiosità, che meritano di essere conosciuti.
Spledide ville e villette, neoclassiche e liberty, dimore rinascimentali, edifici, catene di grandi albeghi, imponenti rocche con le mura sbrecciate, e grandi complessi monastici, (che esercitano azione di aggregazione religiosa) appaiono intervallati, alla facciata del Lago Maggiore, e vicino alle sue boscose erte rive, e alle sue isole, con paesaggi da mozzafiato, che testimoniano, con vigore la storia e il fascino di questo lago, con le celesti acque che degradano da mille sfumature, animate dai traghetti che connettono la sponda lombarda e quella piemontese.
Al di là della bellezza struggente del Lago Maggiore, con gli incantevoli tramonti, splendidi monti che dominano le acque, le isole dei castelli di Cannero e, in lontananza, la sagoma del grande Monte Rosa, il Verbano, è anche luogo ricco di spiritualità.

Un posto di rilievo, molto suggestivo del Lago Maggiore, occupa, senza dubbi, l’Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro. Un santuario, di fondamentale importanza, tra i più famosi monumenti del Verbano.
L’Eremo è uno dei più importanti centri della spiritualità, ma per certi versi, anche un complesso artistico preziosismo, tanto per la sua struttura architettonica, quanto per i capolavori di pittura murale e affreschi che vi furono realizzati.
Un patrimonio unico e spettacolare, situato nel comune di Leggiuno, un piccolo paese in provincia di Varese, a metà strada tra Laveno e Angera.
L’Eremo, che appare, silenziosamente, dominante in tutta la sua singolarità, in una cornice panoramica, che si staglia a picco sul lago, è, indubbiamente, uno dei luoghi più caratteristici della sponda “magra” il più prezioso “scrigno” e l’anima di quella terra lombarda, del Lago Maggiore, quasi di fronte a Stresa.

L’antico monastero, uno dei santuari, più ricchi di fascino, del Nord Italia, che sorprende per la sua severità, sobrio e massiccio, è abbarbicato alla rupe, a precipizio del lago, e spicca su uno strapiombo di parete rocciosa di circa 76 metri, dove una lunga scalinata, consente di scendere dall’Eremo fino ad un piccolo imbarcadero, quasi a emergersi nello sciabordio delle onde, vicino agli scogli e ai sassi levigati dalle acque, appena increspate del lago, in uno dei punti più profondi del Verbano.
Al di là della superba bellezza del luogo geografico, è la storia stessa del sontuoso complesso monastico, punto di riferimento religioso, le cui origini sono legate a eventi miracolosi e plurimi, ad attirare moltissimi visitatori provenienti da tutto il mondo.
Secondo la tradizione, la fondazione dell’Eremo, arroccato su una ripida parete rocciosa, con una vista incomparabile sul lago, risale probabilmente alla fine del XII sec. e agli inizi del successivo, e ha un’origine votiva, ed è saldamente legata alla figura e alle vicende, del Beato Alberto Besozzi di Arolo.
La vicenda, talmente avvincente, da resistere alla tentazione di farne la trama di un romanzo, è avvolta però, largamente, in un alone di leggenda.

La versione più accreditata, che la tradizione indica, è quella che una notte, durante un violento temporale, un tale di nome Alberto Besozzi, un ricco mercante dei luoghi, originario di Arolo-Leggiuno, durante l’attraversamento del Lago Maggiore su una imbarcazione, nel pieno di una violenta tempesta, nella drammaticità del momento, avrebbe fatto voto a Santa Caterina d’Alessandria, martire cattolica, a cui era devoto, che se si fosse salvato, avrebbe cambiato stile di vita.
Il ricco mercante, riuscì a salvarsi, da quel terribile nubifragio sul Lago Maggiore, e a raggiungere miracolosamente la riva, dove trovò una grotta naturale sporgente, al pelo dell’acqua del lago. E proprio lì, in quella spaccatura della roccia, sul lato nord della medesima località, dove si era tratto in salvo, il Beato, tenne fede alla promessa e decise di ritirarsi in solitudine, in vita da eremita, per il resto della sua esistenza.
Tuttavia, comunque siano andate le cose, secondo un’altra fonte di preziose notizie, diversi anni dopo, una grande pestilenza colpì, a macchia d’olio, il territorio lungo tutto il bacino del Verbano, e le popolazioni rivierasche, massari, servi, pastori, pescatori, artigiani, di quelle vallate, chiesero preghiera all’eremita, ormai noto nei dintorni. Miracolo o caso, narra la tradizione, che la terribile peste scomparve, grazie alle miracolose preghiere (pare che pregò otto giorni di seguito) di Alberto. E lui, il Beato, sopracitato, a seguito di una rivelazione angelica, di una luce prodigiosa, fece costruire dalla gente del luogo, come segno di beneficato e pubblico ringraziamento per la grazia ricevuta (lo scampato pericolo della peste), un Sacello (in una precisa posizione in cui esso doveva essere costruito) simile in tutto, a quello, che sul monte Sinai, era dedicato a Santa Caterina d’Alessandria. E proprio in quella piccola cappelletta, diventata un simbolo di devozione e punto di riferimento di vita spirituale, che l’eremità venuto poi a morte dopo 37 anni di eremitaggio, ebbe nel 1205 la sua sepoltura per l’eternità.
Il luogo avvolto da un alone di santità, divenne, ben presto, un luogo di pellegrinaggio, di forestieri, di monaci, di poveri, e di bisognosi, per la cura delle anime, e attirò anche molte personalità importanti del clero, notabili e canonici.
E’ comunque certo, che la santità del luogo, si diffuse rapidamente, e molte offerte, beni, rendite e lasciti, affluirono a favore degli istituti ecclesiastici e vescovili e furono devoluti al santo protettore e alla Cappella, che, comunque, divenne, nel corso dei secoli, un grande complesso monastico e un luogo di culto e di riferimento religioso.
L’Eremo medievale, nel succedersi dei secoli, sulla scorta di fonti storiche, ebbe a subire molteplici rimaneggiamenti, rifacimenti e interventi edili significativi, con stutturali, aggiunte, e trasformazioni architettoniche.
Occorre sottolineare, che nel frattempo, durante il XIV secolo, il complesso dell’Eremo, che ha una lunga storia e densa di avvenimenti alle spalle, avrebbe subito ancora restauri, e venne arricchito altresì da due chiese: San Nicola e Santa Maria Nuova, poi detta più particolarmente, della Madonna del Carmine, o del Carmelo, (il monte Carmelo è il luogo, dove secondo la Bibbia, Elia primo profeta di Israele, si ritirò in segno di sfida contro il dilagare dell’idolatria, facendone baluardo del moneteismo) e l’Eremo iniziò a essere sorretto, e più volte passato di mano, da vari ordini religiosi, e monastici, che si alterarono nei secoli.
Merita ricordare, come non notizie storiche certe, ma bensì tramandate da secoli, e fuse nella “fantasia” popolare, che agli inizi del XVIII sec. l’Eremo, vide un altro evento prodigioso, e si gridò perfino al miracolo, quando per un dissesto geologico, forse una frana di notevoli dimensioni, o un terremoto, cinque enormi sassi, detti “sassi ballerini” , di circa due tonnellate, si staccarono dall’incombente montagna soprastante, e precipitarono sul complesso monastico, dove si arrestarono a breve distanza, quasi miracolosamente, sulla volta della chiesa, serrandosi e comprimendosi vicendevolmente, senza causare gravi danni. In ogni caso, i sassi non riuscirono a distruggere la tomba dell’eremita, che la popolazione aveva proclamato Beato, subito dopo la sua morte.
Sta di fatto, che questo celebre fatto straordinario, contribuì, ad associare in modo definitivo, e con grande fervore popolare, il luogo di preghiera con il miracolo.
A quanto si dice, e secondo un’antica tradizione, i sassi, rimasero incredibilmente, per quasi due secoli, in bilico, a pochi distanti da terra, impligliati nella stessa posizione, fino a quando, nel maggio del 1910, con sorpresa, caddero a terra, senza provocare ulteriori danni.
I sassi, furono in seguito rimossi, nel 1983, e portati via dalla chiesa solo durante dei lavori di restauro e consolidamento.
Quesi “sassi traballanti”, sembrano aver dato originariamente il nome all’Eremo, che per esteso viene denominato Santa Caterina del Sasso Ballaro, anche se è più probabile, che l’etimologia del nome sia da ricondurre, con tutta probabilità, al vicino centro abitato di Ballante.
Una visita a Santa Caterina del Sasso Ballaro, tra lo sprone calcareo bianco e la natura verdeggiate, è un viaggio ideale e sicuramente spettacolare. E’ una scoperta preziosa, da assaporare con calma, per goderne appieno e coglierne, in una felice sintesi, i suoi suggestivi segreti.
E’ una realtà significativa, alla scopertà di un vero e proprio scrigno di tesori, dove le testimonianze architettoniche, artistiche e religiose, raccontano la storia, sacra e misteriosa, in periodi diversi, di un pezzo meraviglioso, di quest’angolo della Lombardia.
E’ un tuffo nel tempo, nei secoli della storia, tutto da scoprire.
In realtà, ogni monastero possiede la propria storia e le proprie peculiarità che si riflettono nelle diverse strutture e forme architettoniche.
Il Santuario di Santa Caterina del Sasso Ballaro, ancora oggi, comprende molti aspetti scenografi e pittoreschi di arte medievale, che si possono ammirare sia all’esterno, quanto all’interno del complesso monastico, dall’austera mole, dalle mura grondanti di un vetusto passato, aggrappato su un promontorio roccioso, che svetta affacciato a picco sul lago, in un incantevole panorama, dove lo sguardo spazia e abbraccia il Golfo delle isole Borromee, (Isola Madre, Isola dei Pescatori, e Isola Bella), che sono un vero e proprio paradiso naturale.
Una maestosità architettonica, una costruzione sacra, silenziosa, lontano dalla rumorosità, che sorge, con naturalezza, davanti al bacino Verbanese, con le Alpi, che fannno da cornice, e in lontananza, gli sguarci delle robuste cime innevate dei monti della Svizzera, che si protendono verso nord, come l’ago di una bussola.

L’accesso del pubblico all’Eremo, può avvenire, tramite una scalinata, circa un’ottantina di gradini, se si arriva dal lago con il battello delle linee di navigazione del Lago Maggiore, che fanno scalo con attracco nell’imbarcadero, del porticciolo annesso, oppure, è accesibbile, anche via terra, scendendo da un piazzale sovrastante, verso il complesso monastico, per una lunga scalinata.
Entrando nell’Eremo, superando una volta la soglia del monastero, luogo sacro, di silenzio, di raccoglimento e quieta armoniosa, (un alone di serenità favorevole alla preghiera) si accede subito in un porticato vivacizzato da colonne di granito ad arcate d’impronta rinascimentale.
Alla prima occhiata, ciò che colpisce subito, allo sguardo curioso, è certamente, quello, che l’antico complesso monastico, mostra in modo evidente, una struttura davvero singolare, costituito e frutto, di una fusione, effettuata nel corso dei secoli, di tre strutture preesistenti di edifici antichi, (che erano strutture originariamente distinte, e che sono sorte in epoche diverse) che costituiscono oggi, il complesso monastico, e che vengono qui, con brevità, così riassunte: Il ConventoMeridionale, il Conventino e la Chiesa.
Il Convento Meridionale (XIV-XVII sec), si presenta con un bel porticato di sette arcate. L’edificio, attualmente è su due piani, e con un repertorio variegato e di inestimabile tesoro di antichi e interessanti affreschi. Nella sala capitolare, si può ammirare, decorato, finamente, su una prima parete, un grandioso affresco risalente alla prima metà del 1400 raffigurante il vescovo Sant’Eligio, il santo protettore dei maniscalchi e cavalieri, che guarisce il ginocchio spezzato di un cavallo, ed un monaco, Antonio Abate, con una fluente barba e un classico bastone che benedice. Sono i due santi protettori degli animali. Dall’altra parte, opposta della parete, un altro affresco, dello stesso periodo, che rappresenta la Crocifissione, con Gesù Cristo circondato da alcuni soldati, della tarda romanità.
Il Conventino, di architettura e stile gotico-lombardo, impreziosito con portichetto ad archi, poggianti su pilatri in pietra e mattoni, e con soprastanti finestrelle romaniche, luogo che in epoca passata veniva utlizzato come ambiente di servizio per il convento meridionale. Infatti presenta, una cucina, un refettorio decorato, le allineate celle, dove dormivano e pregavano i confratelli, e sopra le finestre, alcune tracce di splendidi affreschi e opere pittoriche del 1500, che ritraggono scene del Martirio di S. Caterina d’ Alessandria d’Egitto.
Infine vi è una sala comune al piano superiore, con molte decorazioni variegate, con notevoli diversità stilistiche. L’edificio è di rilevante antichità, e nella fascia alta del muro del portico è raffigurato un interessantissimo affresco, di gran pregio, dedicato alla DanzaMacabra, o Ballo della Morte (XVII sec) in cui è svolto il consueto tema della morte che coglie improvvisamente, umili e potenti e alla quale è inutile resistere. Sono ancora visibili ben dieci, delle quindici scene originarie, e si può notare la raffigurazione di un ricco mercante, di un cortigiano con l’amante, di un cardinale, un frate, un vescovo, un notabile, tutti personaggi, che in qualche modo sembrano richiamare in epoche molto antiche, l’attaccamento al potere terreno.
L’eccezionalità e la tematica di questo soggetto artistico, e l’originaria spiritualità, era normalmente, molto usato in quei secoli, per raffigurare e interpretare tutte le vanità del mondo, le sue lotte e l’attaccamento al potere terreno, che poi cessavano con l’arrivo della morte. Una specie di monito,”memento mori”, ricordati che devi morire.
Infine l’edificio della Chiesa, il cuore mistico del complesso monastico, di soave raccoglimento, dove l’ecumenismo si respira, in modo ancora più forte. Entrando, in silenzio, all’interno della suggestiva chiesa, si possono ammirare molte inestimabili decorazioni, dipinti sacri, grandiosi cicli di affreschi altomedievali, cicli pittoreschi di pittura lombarda e pregevoli affreschi realizzati, e che appartengono quasi di certo, a Giovanni Battista De Advocatis di Milano e a Giovanni Pietro Crespi di Busto Arsizio. Tutte opere, affreschi interessanti, di diverse epoche, dove arte, storia e spiritualità si estrinsecano splendidamente.
Particolarmente, di rilevante interesse, è la pittoresca torre campanile di stile romanico. L’elemento più antico e di alto valore artistico, che presenta quattro bifore all’altezza della cella campanaria. E’ un’antica costruzione muraria in pietra, e in linea severa, con una base rettangolare e la sua costruzione risale probabilmente al 1300. La svettante costruzione, visibile anche da molto lontano, si innalza, direttamente dalla roccia, ed è alta 15 metri circa, a strapionbo sul Lago Maggiore. In origine la torre era stata costruita, (in armonia con lo stile complessivo della chiesa) come campanile della Chiesa di San Nicolao, (costruita tra il 1307-1320, per un lasciato dei nobili di Intra, e dedicata al protettore dei naviganti) e aveva la sua entrata autonoma, dall’impianto ecclesiale, oggi completamente murata.
Un cenno particolare, inoltre merita, la presenza, in un piccolo cortile, di un vecchio e possente torchio di legno (1759), usato dai frati per la spremitura di uva e delle olive.
Va annotato, che l’Eremo, fu molto amato da San Carlo Borromeo (1538-1584) Il quale mostrò grande interessamento e si prodigò, (oltre alle visite pastorali), molto, per mantenere popolare presso la popolazione del Verbano, la figura, il culto e la verità di fede, del fondatore dell’Eremo.
Prima di concludere l’articolo, non si può dimenticare, che il monastero di Santa Caterina del Sasso Ballaro, particolamente affascinante, e testimonianza delle matrici del Medievo lombardo, seppur mai direttamente nominato, al tempo stesso, è stato protagonista, e immortalato, con una punta di civetteria, in varie opere cinematografiche, infatti ha fatto da sfondo, scenografico, con un incantevole scorcio del lago, nelle riprese del film di Dino Risi “La stanza del Vescovo” (1977), tratto dall’omonimo romanzo, dello scrittore luinese, Piero Chiara, del 1976, con protagonista l’attore Ugo Tognazzi.
Successivamente, l’antico complesso monastico, per la sua tradizionale fama e bellezza, è stato, ancora un punto di interesse, e quindi, utilizzato, nello sceneggiato televisivo, prodotto dalla Rai, del regista SalvatoreNocita “I Promessi Sposi”(1989) come suggestivo convento di “Frà Cristoforo, pur non avendo in realtà, alcun legame, con le vicende raccontate dal romanzo di Alessandro Manzoni, di “quel ramo del lago di Como, che volge a Mezzogiorno”, dove il convento di Frà Cristoforo era situato a Pescarenico, un piccolo rione di Lecco, posto esattamente sulla riva sinistra del fiume Adda.
L’Eremo, complesso monumentale e devozionale, che riveste un particolare valore, è stato proclamato monumento nazionale nel 1914.
Dal 1970 l’Eremo, bellezza e magia del Verbano, è passato sotto la proprietà della Provincia di Varese, che ha effettuato importanti lavori di consolidamento delle rocce e di alcune costruzioni antiche.
Dal 1986 al 1996, il panoramico monumento monastico di Santa Caterina del Sasso Ballaro, è stato retto da una comunità di frati domenicani, e successivamente fino al 2018 dagli oblati benedettini. Dalla primavera del 2019 la gestione religiosa dell’Eremo e di tutte le opere, sono state affidate alla Fraternità Francescana di Betania, che accoglie molti turisti e un numero crescente di pellegrini provenienti da tutta l’Europa e non solo.
(foto www.santacaterinadelsasso.com)
