Il calcio non è più per tutti, lo dicono i dati: così anche gli altri sport rischiano di diventare un lusso
Mentre i costi della vita aumentano e il potere d’acquisto delle famiglie si riduce, c’è una voce di spesa che dovrebbe restare sacra e accessibile: lo sport per i più giovani
Mentre i costi della vita aumentano e il potere d’acquisto delle famiglie si riduce, c’è una voce di spesa che dovrebbe restare sacra e accessibile: lo sport per i più giovani. E invece, come mostra l’ultima inchiesta comparativa, praticare sport in Italia sta diventando un lusso anche per i bambini, con cifre che fanno riflettere — e arrabbiare.
I dati parlano chiaro. Secondo quanto riportato da Sky Sport, Il nuoto è lo sport più caro, con una media di 1.054 euro l’anno (inclusi abbonamenti mensili, attrezzature e iscrizione). Seguono il tennis (960 €) e il calcio (910 €), quest’ultimo da sempre considerato lo “sport dei poveri”, quello che — almeno un tempo — si poteva praticare con un pallone sgonfio e due magliette a fare da pali.
Oggi non è più così. Il calcio ha un costo mensile medio di 59 euro, ma il vero salasso arriva dall’attrezzatura: oltre 230 euro per scarpe, abbigliamento tecnico, divise e accessori. Alla fine, il totale annuo supera i 900 euro, più della pallavolo e del basket, spesso ritenuti sport più strutturati o “meno popolari”.
Il calcio (purtroppo) non emoziona più come prima
Negli ultimi 15 anni, il calcio italiano — soprattutto quello giovanile — ha smesso di essere scuola di vita, diventando solo un riflesso distorto del professionismo esasperato. Le scuole calcio, un tempo fucine di valori e disciplina, oggi spesso mancano di educazione, metodo e attenzione alla crescita umana dei ragazzi. Allenatori mal pagati, strutture fatiscenti, genitori più interessati al “talento” che alla persona.
Nel frattempo, anche il grande calcio ha perso fascino. Stadi vuoti, partite noiose, scandali, VAR che spezza il gioco e una narrazione televisiva che non emoziona più nessuno. I giovani guardano altro, gli adulti si disinnamorano, le famiglie non si riconoscono più in uno sport che univa e faceva sognare.
Il problema non è solo tecnico. È culturale. Il calcio, oggi, non insegna più. E se non torniamo a farlo partire dai campi polverosi, dalle scuole vere, dalle persone giuste, rischiamo di perderlo del tutto. E forse, in parte, l’abbiamo già fatto.


