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Israele-Italia in campo neutro, ma il calcio è ostaggio della politica. E la FIFA resta a guardare

9 settembre 2025 | 07:28
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Israele-Italia in campo neutro, ma il calcio è ostaggio della politica. E la FIFA resta a guardare

DEBRECEN – Ungheria. Uno stadio semivuoto, una partita che dovrebbe valere un Mondiale, ma che si gioca in un silenzio irreale. È questo il teatro scelto – o meglio, imposto – per Israele-Italia, gara cruciale per le qualificazioni a USA 2026.

Non è una partita come le altre. E non lo sarà mai, almeno in questa fase storica. Gli israeliani, ufficialmente padroni di casa, da mesi non possono più giocare sul proprio territorio. Il conflitto in corso, le tensioni, le minacce: tutto troppo instabile per garantire condizioni di sicurezza. E così la Nazionale è costretta a peregrinare per l’Europa, portando con sé un carico emotivo e politico che pesa come un macigno.

Ma è davvero questa la normalità che il calcio deve accettare? È normale che una gara di questa importanza si giochi in uno stadio da poco più di 3.000 spettatori, con appena 250 biglietti concessi ai tifosi italiani, in un’atmosfera surreale dove la tensione si taglia con il coltello? È normale che tutto questo passi sotto silenzio, senza che la FIFA muova un dito?

La FIFA predica neutralità, ma tace di fronte all’evidenza

Ci si aspetterebbe, in un mondo ideale, che l’organismo che governa il calcio mondiale garantisse condizioni eque per tutti. Ma il concetto di “neutralità” è stato ormai svuotato di ogni significato. Si continua a giocare, si sposta il campo, si riducono le presenze sugli spalti… tutto per non disturbare equilibri più grandi, che col pallone hanno ben poco a che fare.

Il sospetto, neanche troppo velato, è che dietro il silenzio delle istituzioni ci siano interessi troppo forti, troppi equilibri politici ed economici da non turbare. E allora il calcio si adatta, si piega, si svuota. Anche davanti a una gara che dovrebbe rappresentare una festa, uno scontro sportivo, non una cartina geopolitica.

Un clima carico di tensione e simboli

A rendere tutto ancora più incandescente c’è l’atteggiamento atteso sugli spalti. Lo stadio di Debrecen potrebbe trasformarsi in una piccola arena di tensioni extracalcistiche: già nell’ultimo Italia-Israele gli ultras azzurri si erano voltati di spalle durante l’inno israeliano, intonando cori a sostegno di Ilaria Salis, figura divisiva e politicamente esposta.

Anche stavolta, secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, è previsto un clima teso. Ma qui la colpa non è solo dei tifosi: è la politica che ha invaso il campo, con la complicità del silenzio di chi dovrebbe proteggere lo sport da derive ideologiche e strumentalizzazioni.

Forse è davvero arrivato il momento di chiedersi se questo è ancora sport. O solo una messinscena dove l’unico risultato che conta è quello politico.