ItalBasket: un disastro assoluto come nel calcio da 20 anni!
Qualificarsi ai Mondiali del Qatar sarà un’impresa con Serbia, Lituania e Turchia
VARESE – Era il 2004. L’Italbasket di Charlie Recalcati – uomo di provincia e di sostanza – si arrampicava fino all’argento olimpico di Atene. In campo c’era Gianmarco Pozzecco, nano-folletto che scorrazzava tra i giganti con la faccia del guascone e il cuore del condottiero. Sembrava l’inizio di una nuova età dell’oro, figlia del bronzo impensabile strappato un anno prima in Svezia contro la Francia di Tony Parker, piccolo Napoleone della palla a spicchi.
L’anno dopo, però, a Belgrado, arrivò la prima frustata: fuori agli ottavi contro la Croazia. Da lì, un ventennio di cotte e illusioni. Tante promesse, pochissime realtà. “Zero tituli”, avrebbe detto Mourinho. Unico lampo: l’estate del 2021, quando Meo Sacchetti guidò un manipolo di onesti mestieranti a ribaltare la Serbia in casa sua, spalancandosi l’Olimpo di Tokyo dopo sedici anni di digiuno. Lì gli azzurri fecero anche bella figura, arrendendosi solo alla Francia più muscolosa di sempre.
Per il resto, solo quarti di finale e pacche sulle spalle. Il teatrino delle scuse è sempre stato pronto: un tempo gli americani a ingolfare il nostro campionato, poi la pallavolo che ci rubava i longilinei, oggi Doncic, marziano che gioca un altro sport. Intanto, mentre Georgia, Finlandia e Polonia si affacciano ai quarti di Eurobasket, l’Italia resta a casa.
Eppure, i talenti non sono mancati: il Bargnani primo assoluto al Draft NBA, il Belinelli campione con gli Spurs, il Gallinari che nei Pro viaggiava a 15 di media, più Datome, Melli, Fontecchio. Un arsenale mai visto, ma disperso da programmazione inesistente e marketing spicciolo. Il regno di Gianni Petrucci, ras della pallacanestro italiana da oltre dodici anni, è fatto di slogan roboanti e di “Nazionali più forti di sempre” proclamate con leggerezza.
Sacchetti, che pure aveva riportato gli azzurri ai Giochi, venne congedato senza motivo. Al suo posto fu richiamato il Pozzecco, beniamino delle folle ma coach fragile per il livello internazionale: romantico a Varese, ma incapace di domare certe partite europee, come dimostrano le scelte cervellotiche su Della Valle, Gallinari e Procida. A ciò si aggiungono le comiche dei naturalizzati: il pacco-Banchero, la cittadinanza lampo a DiVincenzo e l’arrivo impresentabile di Thompson.
Ora il Poz fa un passo indietro: gesto nobile, ma tardivo. Dalla FIP, però, le dimissioni non si conoscono: “Il futuro è dalla nostra parte”, proclama l’imperturbabile Petrucci. Già, dalla sua parte. Intanto il basket azzurro annaspa: anestetizzato, confinato a una nicchia. Lo certificano i dati televisivi: le ragazze d’oro di Velasco fanno il 33% di share, gli uomini del Poz si fermano al 6,5%.
Adesso tocca a Luca Banchi, tecnico d’esperienza. Ma la strada è piena di spine: qualificarsi ai Mondiali del Qatar sarà un’impresa con Serbia, Lituania e Turchia sulla via. Il ricambio generazionale resta un’incognita, mentre l’Europa si alza di livello e alza le barriere. Consola soltanto il raccolto estivo delle giovanili, delle donne, del 3×3. Ma quella magica estate di Atene, con il Poz che rideva e piangeva al tempo stesso, oggi sembra lontana come una fotografia ingiallita in soffitta.

