LOMBARDIA: Calcio giovanile, il caro biglietti fa infuriare le famiglie: “Paghiamo per vedere nostri figli giocare”
MILANO – Pagare 5, 6, 8 e persino 10 euro per assistere a una partita di calcio giovanile. Molte società vogliono addirittura il biglietto online da comprare insieme all’obolo da pagare al distributore. È la nuova, assurda normalità che sempre più genitori si trovano a vivere ogni fine settimana nei campi della Lombardia e non solo. Parliamo di tornei, campionati regionali e provinciali, categorie Under 17, Under 16, Under 15: ragazzi che non sono professionisti, ma giovani dilettanti che inseguono un sogno e che, invece, vedono le loro famiglie costrette a pagare come se andassero allo stadio per una gara di Serie B.
La protesta monta ovunque: “È diventato un lusso anche andare a vedere i nostri figli giocare” raccontano molti genitori, esasperati da un fenomeno che si è diffuso a macchia d’olio. In molti impianti, infatti, non si paga solo la trasferta, ma anche le partite in casa. Un paradosso che trasforma la domenica, da momento di sport e comunità, in una spesa non da poco: tra biglietti d’ingresso e magari un caffè al bar, una famiglia con due o tre persone arriva facilmente a spendere 20 o 30 euro per una partita di ragazzi minorenni.
Di solito poi si trovano servizi igienici fatiscenti e senza accesso facilitato per disabili perchè sono presenti i gradini per accedere.
Le società si giustificano parlando di costi di gestione, arbitri, manutenzione e affitti dei campi. Ma il malumore resta, perché il principio è quello che brucia di più: lo sport giovanile dovrebbe essere accessibile, popolare, educativo. Non un’occasione di cassa. “Paghiamo già iscrizioni, attrezzatura, benzina, trasferte – commenta un papà di un Under 16 – e adesso dobbiamo pure fare il biglietto per vedere una partita di ragazzi che si allenano tre volte a settimana senza prendere un euro”.
In alcuni casi il biglietto è obbligatorio anche per i genitori dei giocatori della squadra di casa, un’idea che molti definiscono “una follia”. “È come se dovessi pagare per entrare nel cortile della scuola di mio figlio quando fa una recita” commenta amaramente una mamma.
Il rischio è evidente: rendere sempre più elitario uno sport che ha costruito la sua storia sulla passione e sul sacrificio delle famiglie. E che, invece, oggi rischia di allontanare proprio chi lo tiene in vita, domenica dopo domenica, a bordo campo, con una parola di incoraggiamento o un applauso sincero.
Forse è il momento di fermarsi e riflettere: il calcio dei ragazzi non può diventare un business. Perché senza genitori sugli spalti, a pagare il prezzo più alto, alla fine, saranno proprio loro — i ragazzi.

