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“Nel cuore dello sport”, Fabrizio J. Fustinoni incontra Cecilia Mari

Quarto appuntamento con lo scrittore legnanese Fabrizio J. Fustinoni, per conoscere il lato più umano dello sport

LEGNANO – Siamo arrivati al quarto appuntamento di “Nel cuore dello sport“, con lo scrittore legnanese Fabrizio J. Fustinoni che questa una volta accompagna i lettori di Sport Legnano a conoscere la storia di Celilia Mari, che ci dimostra che il cuore nel proprio sport o nella disciplina amata può aiutarci a non soccombere.

Un’altra storia emozionante, oltre l’agonismo e la competizione, che ci porta alla scoperta di un pianeta privato fatto di esperienze spesso drammatiche e dolorose che sono state affrontate e superate proprio attraverso il potere e la forza d’animo che solo lo sport può regalare, e che ci porterà a scoprire il lato più intimo dello sport preferito dei personaggi che ogni mese incontreremo: la Vita.

 


 

 

“NEL CUORE DELLO SPORT” oggi ha il piacere di incontrare una donna che si è avvicinata alla disciplina dello yoga diversi anni fa e che ha molto da insegnare, sia sul piano fisico che su quello emotivo. È vicina alla nostra redazione, perché da parecchi anni vive a Legnano. La sua storia mi ha colpito davvero perché dimostra che l’amore e la passione per la propria disciplina sportiva può superare i limiti che persino la medicina convenzionale pone. Partiamo dal principio e scopriamo meglio la, ormai acquisita, legnanese Cecilia Mari.

Nel Cuore dello sport Cecilia Mari

Benvenuta, Cecilia. Innanzitutto una domanda da profano: è giusto definire lo yoga come una disciplina sportiva?

Grazie dell’invito. Dunque, diciamo che definire lo yoga come una disciplina sportiva sarebbe un po’ riduttivo, non darebbe giustizia a tutto ciò che in effetti è. In termini piuttosto generici possiamo definire lo yoga una disciplina psicofisica; di fatto è un metodo per perseguire il benessere, anche se la parte corporea è solo una delle componenti. Si utilizza il corpo per raggiungere un equilibrio e un benessere più globale. Bisognerebbe aprire una parentesi enorme solo per rispondere a questa domanda, ragionando sullo yoga originale, quello orientale, fino ad arrivare alla nostra attuale applicazione occidentale. Ciò non toglie che persino da noi, in occidente, lo yoga venga suggerito anche dai medici, magari quando dobbiamo affrontare dolori articolari o alla schiena, oppure per ridurre lo stress o, anche, per ascoltare se stessi attraverso una pratica costante che unisce corpo e mente.

Direi che era giusto fare questa precisazione e, ora che abbiamo chiarito questo curioso punto, parliamo un po’ di te e di quando ti sei innamorata dello yoga.

Ho cominciato a praticare yoga nel 1999 abbastanza per caso, come spesso succede, e da allora non ho mai smesso. La mia pratica è quotidiana. Integrando con altri sport (nuoto e pesi) mi impegna da una a tre ore. Nel 2005 ho iniziato a frequentare una scuola quadriennale di formazione per insegnanti, sebbene il mio interesse fosse solo di approfondimento e senza nessuna velleità professionale. Nello stesso anno c’è stato il mio primo viaggio in India dove poi sono tornata altre quattro volte, due delle quali fermandomi a praticare in ashram per diverse settimane. Negli stessi anni ho frequentato, una dopo l’altra, diverse altre scuole: sono diventata operatrice shiatsu, ho studiato massaggio ayurvedico, ho preso il diploma di massaggio tailandese del piede a Bangkok, ho completato un corso triennale in una scuola di naturopatia.

Diciamo che la tua iniziale curiosità si è trasformata in una vera e propria passione! Tutta questa preparazione si è poi tramutata in altro?

Sì, è accaduto nel 2006 quando ho cominciato a insegnare in un piccolo centro benessere a Milano (dove allora abitavo) e mi è piaciuto moltissimo. L’anno successivo mi è stato proposto di prendere in gestione tutto il settore yoga di un centro molto più grande e ho accettato, diminuendo le ore che dedicavo al mio altro lavoro in un centro di ricerca universitaria.

Iniziava la tua “carriera” di insegnante…eppure, essendo io legnanese e molto curioso, vorrei sapere quando è avvenuta la tua “conversione” legnanese e la storia di cui parleremo in questo articolo…

È avvenuta verso il 2009, quando mi sono trasferita a Legnano e ho aperto il mio centro [Centro Yoga Oniria, N.d.R.], in uno spazio dove mi ero trasferita ad abitare con la mia famiglia. È andata benissimo da subito e, pian piano, è diventato il mio lavoro a tempo pieno. Ho potuto inoltre affiancare alle lezioni di yoga tutte le altre discipline nelle quali mi ero specializzata, offrendo diversi tipi di trattamenti. Insomma, la mia iniziale passione e curiosità si era trasformata in un vero amore.”

Nel Cuore dello sport Cecilia Mari

Ecco, iniziamo a parlare di amore, di cuore, e qui entriamo nel merito della nostra intervista. Ci spieghi come e quando hai dovuto fare i conti col tuo corpo?

È accaduto nel 2017, con due eventi che hanno letteralmente sconvolto il mio approccio col corpo e con la mente. Partiamo dall’inizio. Per una banale caduta (sono inciampata su una stampella che adoperavo per una leggera distorsione a una caviglia) ho fratturato gravemente tibia e perone della gamba destra. L’operazione mi ha lasciato due placche e 14 viti nella gamba, insieme ad una diagnosi di osteoporosi grave: secondo i medici avrei dovuto limitare fortemente la mia pratica yoga, eliminando gran parte delle posizioni più avanzate (che per me erano le più interessanti!). Peraltro la frattura faticava a guarire e sono rimasta in carrozzina per due mesi: ho tolto le stampelle solo tre mesi e mezzo dopo l’incidente.

Quindi per un po’ di mesi hai dovuto rinunciare al tuo amore per lo yoga?

No [ride, N.d.R.]: dopo due settimane dall’intervento ero tornata a lavorare, in carrozzina!

Nel Cuore dello sport Cecilia Mari

A parte sorridere per la tua tenacia e riflettere sul fatto che spesso – e mi metto in prima persona – per una banale malattia o impedimento interrompiamo subito ogni attività fisica, il mio interesse ora è per la fase due della tua situazione. Io so che i problemi fisici descritti erano solo l’inizio…è vero?

Purtroppo è vero. Iniziando a indagare, coi medici, per comprendere il motivo della mia osteoporosi, si sono riscontrati una serie di altri squilibri che nel novembre successivo mi portarono ad una diagnosi definitiva: soffrivo del Morbo di Cushing, una malattia molto rara e gravissima causata da un adenoma ipofisario, un piccolo tumore benigno ma secernente un ormone che creava una condizione di ipercortisolismo nell’organismo, con conseguenze distruttive su ossa, muscoli, tessuti. Nel 2018, quindi, sono stata operata per togliere il tumore alla testa. La ripresa da questa malattia è più dura della malattia stessa, perché l’assetto ormonale di tutto il corpo si trova totalmente sconvolto, per cui seguono diversi mesi di dolori diffusi e forte senso di malessere costante.”

Cecilia, ti confesso che solo ad immaginare la condizione fisica ed emotiva che hai dovuto affrontare mi vengono i brividi. Ho viste tue foto postoperatorie che abbiamo scelto di non pubblicare, per quanto ti avessero modificato fisicamente. Hai superato, una in fila all’altra, una serie di diagnosi sempre più impattanti e, ne sono certo, hanno destabilizzato la tua persona. Suppongo tu ti sia fermata, a questo punto?

No [ride, N.d.R.], ho scelto di reagire subito e, dopo una settimana dalla dimissione ospedaliera ho ripreso le lezioni.”

Penso che i miei occhi sbarrati ti facciano intuire che ti considero mezza pazza e mezza eroina!

Può darsi tu abbia ragione ma avevo bisogno di riprendere subito, di “sentirmi” pronta, così ho ripreso prestissimo anche la mia pratica personale dello yoga, stando solo attenta alle posizioni capovolte. La cosa buffa è che i medici mi avevano vietato espressamente di mettermi a testa in giù per un mese dopo l’intervento ed erano molto divertiti del fatto di dover dare delle raccomandazioni simili ad una paziente!

A parte confermarti che per me sei una mezza pazza, quello che mi stupisce, Cecilia, è la cocciutaggine (permettimi questo termine, lo uso in senso positivo) che hai mostrato verso tutti, medici compresi, e in primis verso te stessa. La mia domanda personale, in armonia col tema di questa rubrica, è semplicemente questa: perché?

“La risposta è semplice, spero non sia banale.”

Io qui di banale ci ho trovato ben poco…

Il fatto, Fabrizio, è che quando ti ritrovi di fronte al “Mostro” hai solo due possibilità: o combatti per vincerlo, o soccombi. Se devo lottare con tutte le forze per non soccombere, io lo faccio. Non mi importa di apparire “mezza pazza”, tantomeno un’eroina che non sono, semplicemente voglio vincere la mia battaglia personale. È la mia naturale indole, forse addirittura un bisogno inconscio: io devo risolvere subito ciò che non va. E quel “subito” mi ha spinta a mettermi in movimento, a reagire con gli strumenti che avevo a disposizione: un corpo provato e una mente “cocciuta”.

Mi stai regalando una forte lezione personale, Cecilia. Ne farò tesoro.

La mia tendenza è di non aspettare: non posso aspettare che qualcosa succeda, voglio essere io la soluzione. Mi viene da sorridere al ricordo delle attese, fra un esame e l’altro, e di quanto mi snervassero. Ho profonda stima dei medici e di chi mi ha assistito ma conosco me, conosco il mio corpo e la mia mente. Avevo BISOGNO di reagire.”

Usando una parola che in questa rubrica amiamo molto…hai avuto bisogno di metterci il cuore. Ed oggi?

Ad oggi il cuore mi ha dato ragione. Circa un mese fa ho visto l’endocrinologo per un controllo e mi ha fissato il prossimo appuntamento tra un anno. Al momento, questo segna la mia vittoria!

La tua lezione, Cecilia, è una vittoria anche emotiva per tutti coloro che devono affrontare difficoltà fisiche e si sentono bloccate dal loro Mostro personale. Ci hai dimostrato, con un esempio di vita, che il cuore nel proprio sport o nella disciplina amata può aiutarci a non soccombere, a rimescolare le carte della ragione e a vincere la battaglia più grande: quella con se stessi.

FJF