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Associazioni Sportive, i proventi da raccolta pubblica di fondi

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica quindicinale dedicata alle problematiche fiscali in ambito sportivo curata dal Dott. Umberto Ceriani

Dopo la pausa estiva, riprende con il nono appuntamento la nostra rubrica, curata dal Dott. Umberto Ceriani, commercialista legnanese esperto di fiscalità sportiva, dedicata a tutte le società sportive che spesso hanno grandi difficoltà a districarsi nei meandri delle problematiche fiscali.

La rassegna di articoli, che ha cadenza quindicinale, illustrerà tutti gli adempimenti necessari per la costituzione di una nuova società sportiva.

L’articolo di oggi spiega alle Associazioni Sportive come gestire i proventi provenienti dalla raccolta pubblica di fondi.

 


 

I PROVENTI DA RACCOLTA PUBBLICA DI FONDI

Come ben noto le ASD (Associazioni Sportive Dilettantistiche) sono destinatarie di specifiche agevolazioni, che spesso sono ancor più numerose di quelle destinate in generale al settore del non profit.

Questo ad esempio è il caso delle disposizioni agevolate previste dall’articolo 25 della Legge n. 133/1999 che prevede una sostanziale decommercializzazione dei proventi che altrimenti sarebbero imponibili ai fini Ires e Iva. La norma afferma che per le ASD che si avvalgono dell’opzione di cui alla Legge 398/1991 non concorrono a formare il reddito imponibile per un numero di eventi non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo di 51.645,69€ i proventi conseguiti durante lo svolgimento delle seguenti attività:

– Attività commerciali connesse agli scopi istituzionali
– Attività di raccolta pubblica di fondi

L’art. 143 TUIR, lett. A, comma 3, estende la decommercializzazione delle raccolte pubbliche di fondi alla generalità degli enti associativi, non limitandola alle sole associazioni sportive dilettantistiche.

In questo speciale affronteremo il caso della raccolta pubblica di fondi, nel prossimo articolo analizzeremo il caso delle attività commerciali connesse agli scopi istituzionali e le modalità di rendicontazione.

L’attività di raccolta fondi è condizionata al rispetto di regole ben precise:

– deve essere pubblica, ossia deve riguardare una massa indistinta di soggetti;
– deve essere occasionale (massimo due occasioni e provento 51.645,69€);
– può avvenire anche mediante l’offerta ai sovventori di beni o di servizi, purché di modico valore;
– deve avvenire in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.

Si sottolinea l’importanza che, per non generare reddito imponibile, l’attività deve svolgersi massimo due volte all’anno e deve avvenire in occasione di ricorrenze, feste di paese, patroni, celebrazioni nazionali o campagne di sensibilizzazione al fine di rafforzare il requisito di pubblicità, ossia di attività rivolta al pubblico.

Il comma 2, articolo 2 amplia l’esenzione dell’attività di raccolta di fondi anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, oltre che ai fini delle imposte sul reddito, ma la nuova Circolare 18/2018 dell’Agenzia delle Entrate precisa che l’esenzione IVA non vale per i ricavi derivanti da Attività commerciali connesse agli scopi istituzionali.

Da ultimo si sottolinea che l’unico adempimento contabile, previsto all’art. 20 del DPR 600/1973 impone all’ente che ha svolto attività di raccolta fondi e che intende usufruire della decommercializzazione dei proventi, l’obbligo di redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio un apposito rendiconto di tale specifica attività, indipendente dal rendiconto economico e finanziario annuale, in cui riportare incassi e spese relative alla manifestazione sportiva decommercializzata.

Dott. Umberto Ceriani

 

Studio Ceriani

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