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Associazioni Sportive, come gestire fiscalmente la somministrazione di pasti

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica quindicinale dedicata alle problematiche fiscali in ambito sportivo curata dal Dott. Umberto Ceriani

Decimo appuntamento della nostra rubrica, curata dal Dott. Umberto Ceriani, commercialista legnanese esperto di fiscalità sportiva, dedicata a tutte le società sportive che spesso hanno grandi difficoltà a districarsi nei meandri delle problematiche fiscali.

La rassegna di articoli, che ha cadenza quindicinale, illustrerà tutti gli adempimenti necessari per la costituzione di una nuova società sportiva.

L’articolo di oggi spiega alle Associazioni Sportive come gestire la somministrazione di pasti da udalla raccolta pubblica di fondi.

 


 

LA SOMMINISTRAZIONE DI PASTI

Abbiamo accennato in un precedente intervento che la normativa, all’art. 148 comma 4 TUIR, prevede che la somministrazione di pasti sia sempre considerata un’attività commerciale, indipendentemente che i soggetti che ne fruiscano siano soci, tesserati o esterni.

Tale previsione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 18/2018 al paragrafo 4 affermando che “l’attività di somministrazione di alimenti o bevande deve in ogni caso considerarsi esclusa dalla decommercializzazione.

Tale norma è stata creata al fine di evitare la concorrenza sleale delle associazione nei confronti dei ristoratori, ma pone notevoli vincoli sul piano pratico anche per la semplice organizzazione di una “cena sociale”.

Appare evidente che la gestione di un punto ristoro fisso all’interno della struttura sportiva potrà essere effettuata solo in seguito all’apertura della Partita Iva ed al disbrigo di alcune pratiche comunali e ATS (ex ASL) come la presentazione della SCIA ed i corsi HACCP.

Se da un lato ovviamente un bar o un piccolo punto ristoro interno al centro sportivo, la cui frequentazione è riservata ai soci, sono attività commerciali di più complessa gestione la normativa non fa distinzione nel caso in cui vogliate organizzare saltuariamente pranzi sociali o similari facendo pagare una quota ai soci per coprire le spese vive.

Nel caso quindi di un pranzo/cena con i soci, al fine di evitare tutte le complicanze derivanti dalla Partita IVA, vi suggeriamo un paio di soluzioni per effettuare questi momenti di incontro:

  • Potreste ad esempio accordarvi con un ristoratore che predisporrà un menù fisso ad un prezzo concordato ed il giorno dell’evento raccoglierete i contanti per pagare l’esercente che emetterà un semplice scontrino fiscale cumulativo, oppure uno per ciascun partecipante;
  • In alternativa, anche se non è la soluzione ottimale, se volete realizzare direttamente voi il pranzo/cena, potrete raccogliere dai soci una cifra ad esempio di 10€ a persona; con il ricavato acquisterete quanto necessario e poi restituirete eventuali cifre avanzate oppure chiederete un’integrazione nel caso la somma non sia stata sufficiente a coprire le spese vive. L’importante sarà trattare la questione come se fosse una semplice ripartizione delle spese, cosa che in effetti corrisponde alla realtà.

I problemi potrebbero sorgere nel caso in cui acquistiate alimenti e bevande utilizzando i fondi associativi, chiedendo ai soci una quota fissa di partecipazione:in questo caso non potrete emettere ricevuta generica per giustificare l’incasso, proprio perché si tratta di un’attività commerciale.

Per concludere le problematiche insorgono ogni qualvolta volete organizzare direttamente questo momento di aggregazione inserendo in contabilità la documentazione relativa ad eventi di somministrazione pasti, soprattutto se pagati con le disponibilità associative.

Se invece trattate il momento conviviale con uno dei due esempi sopra riportati non dovreste incorrere in alcuna problematica in quanto non avranno rilevanza fiscale per il vostro ente.

Dott. Umberto Ceriani

 

Studio Ceriani

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