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Fisco e sport: la differenza tra attività istituzionale e commerciale nelle Associazioni

Nuovo appuntamento con la nostra rubrica quindicinale dedicata alle problematiche fiscali in ambito sportivo curata dal Dott. Umberto Ceriani

Nuovo appuntamento della nostra rubrica, curata dal Dott. Umberto Ceriani, commercialista legnanese esperto di fiscalità sportiva, dedicata a tutte le società sportive che spesso hanno grandi difficoltà a districarsi nei meandri delle problematiche fiscali.

La rassegna di articoli, che ha cadenza quindicinale, illustrerà tutti gli adempimenti necessari per la costituzione e la gestione di una società sportiva.

Oggi parliamo della differenza tra attività istituzionale e commerciale nelle Associazioni.


 

DIFFERENZA TRA ATTIVITA’ ISTITUZIONALE E COMMERCIALE

Molto di frequente le associazioni, siano esse sportive, culturali o sociali, compiono errori nella gestione degli incassi poiché confondono le attività che vengono svolte verso soci o verso terzi ed anche perché reputano di frequente che ogni attività verso i propri soci si possa gestire come ricavo decommercializzato anche se la normativa prevede diverse eccezioni.

La differenza fondamentale è cosa può essere effettuato con il solo codice fiscale, si tratta in via generale delle seguenti attività:

• Quote di iscrizione all’associazione;
• Corsi e lezioni verso soci a condizione che si tratti di attività previste dallo statuto; nel caso delle ASD/SSD deve trattarsi inoltre di sport riconosciuti dal CONI;
• Erogazioni liberali da privati o aziende (ricordiamo che in cambio di donazioni voi non potete pubblicizzare marchio o prodotti dei soggetti poiché altrimenti si tratterebbe di sponsorizzazione).

Le attività come l’affitto degli spazi o delle aree di gioco nel caso di associazioni sportive possono essere considerate attività istituzionale e quindi detassata a condizione che si verifichino alcune circostanze:

• Gli enti devono praticare la medesima attività sportiva;
• Devono essere affiliati allo stesso EPS o FSN;
• Devono aver trasmesso il Modello EAS;
• L’uso degli spazi deve essere saltuario e non continuativo ogni giorno ed ogni ora, altrimenti potrebbe essere ricondotto ad un contratto di locazione.

La Partite IVA invece, per quanto più onerosa, concede alle associazioni maggior libertà di reperire risorse. In particolare con la Partita IVA l’associazione può:

• Organizzare cene e pranzi con i soci;
• Stipulare contratti di pubblicità o sponsorizzazione;
• Vendere abbigliamento sportivo, divise sociali o attrezzature sportive ai soci o a terzi;
• Gestire un punto ristoro;
• Concedere in locazione gli impianti a chiunque

Ecco quindi che le opportunità con la Partita IVA si ampliano ed i regimi fiscali, come la Legge 398/1991 o il futuro art. 86 D.lgs. 117/2017 permettono abbattimenti forfettari molto elevati nelle imposte da versare.

Rammentiamo però che per poter usufruire di questi regimi fiscali forfettari l’associazione deve svolgere attività commerciale connessa agli scopi istituzionali, così come previsto dalla Circolare n. 18/2018 dell’Agenzia delle Entrate. Sono quindi attività connesse tutte quelle che vengono svolte nel rispetto dello statuto, ma con modalità commerciali (ad esempio la gestione di un ristorante non è considerata attività connessa).

Le attività non connesse non potranno usufruire del regime 398, di conseguenza per queste sarà necessaria una contabilità ed adempimenti IVA ordinari senza alcuna agevolazione.

Dott. Umberto Ceriani

Studio Ceriani

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